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MAI DIRE NET Forum: ::= MITI PASSATI - Ti ricordi? =::: Robert altman
   By Jen (88.36.91.118 - 88.36.91.118) giovedì 23 novembre 2006 - 10:07

Robert Altman
Il cinema come terapia d'urto
Il regista è morto a Los Angeles all'età di 81 anni. Dal dopoguerra, aveva raccontato le virtù e le miserie del suo paese in capolavori come «Mash», «Nashville» fino all'omaggio al country nell'ultimo «Radio America»
Antonello Catacchio
Radio America, A Prairie Home Companion rimarrà l'ultima trasmissione di Robert Altman. Era stato lui stesso a definire il suo ultimo lavoro come «un film sulla morte». La storia di una trasmissione radiofonica destinata a chiudere i battenti perché la speculazione vuole abbattere il teatro dove viene registrata si presta infatti perfettamente a questo tipo di lettura. Ma c'è di più. Mentre Altman dirigeva il film, girato in larga parte presso il Fitzgerlad Theater di St. Paul, Minnesota, in platea era seduto Paul Thomas Anderson. Il regista di Magnolia non doveva fare nulla, semplicemente assistere a tutte le riprese. Il perché di questa bizzarria era dovuto all'assicurazione che aveva imposto alla produzione un eventuale sostituto pronto a subentrare al regista nel caso non avesse potuto portare a termine le riprese. Un gioco crudele, che era stato però anche oggetto di battute da parte sia di Altman che di Anderson. A 81 anni Robert Altman se n'è andato. A l momento non sono state fornite informazioni sulla causa del decesso. Robert aveva avuto un trapianto di cuore una decina d'anni fa.
Originario di Kansas City, dove era nato il 20 febbraio del 1925, Robert studia presso le scuole cattoliche prima di passare alla Rockhurst High School e successivamente all'accademia militare di Wentworth a Lexington, Missouri. Da lì viene arruolato nell'aviazione, sui bombardieri, alla fine della guerra. Al rientro quel che lo incuriosisce è il cinema e lo spettacolo. Parte così per Hollywood insieme alla prima moglie LaVonne. Ha una particina in Sogni proibiti di Norman McLeod, scrive un musical che vorrebbe portare a Broadway, è autore della storia di Tre figli in gamba di Edwin Marin e della sceneggiatura di Squadra mobile 61 di Richard Fleischer. Ma non decolla, anzi si ritrova a dover promuovere una società specializzata in tatuaggi per cani. E allora preferisce tornarsene a Kansas City. Anche perché un amico lo ha raccomandato alla Calvin e Co., un'azienda che produce documentari, pubblicità, materiali didattici. Lì Robert impara realizzando oltre sessanta produzioni che spaziano dal football agli incidenti d'auto. E comincia a perseguire i suoi progetti che consistono in pubblicità che realizza autonomamente e piccole serie televisive. Il debutto nella fiction è del 1957 con The Delinquents, un film sulle bande giovanili che si produce per conto della Calvin, ma già dall'anno precedente è il regista di episodi della serie Alfred Hitchcock presenta. Dopo avere firmato anche il documentario The James Dean Story sembra essere completamente risucchiato dalla tv per dimenticare il cinema.
Ma Robert è testardo. Aspetta. E nel 1969 sferra il suo colpo basso all'establishment. Dopo avere co-diretto Conto alla rovescia, gli viene offerta la sceneggiatura di MASH. Il successo è travolgente (nomination come miglior regista). Sarcasmo e vetriolo ambientato sullo sfondo della guerra di Corea, ma nulla viene esplicitato, l'intenzione chiarissima è quella di una critica feroce alla guerra del Vietnam. E il film viene accusato di cattivo gusto. Ma quando diventa serie televisiva è Altman a dire che quello è cattivo gusto, portare la satira della guerra a domicilio ogni domenica sera per accumulare milioni di dollari.
A questo punto potrebbe fare qualsiasi cosa. A condizione di piegarsi alla volontà dell'establishment. Ma è fatto a modo suo. Quando quest'anno ha ricevuto un tardivo Oscar alla carriera ha dichiarato «nessun regista ha avuto la mia fortuna, non ho mai dovuto dirigere un film che non avessi deciso di creare». I suoi titoli successivi sono infatti frutto solo della sua sensibilità, ottengono risultati economici contrastanti senza mai però essere banali. Sono titoli che spaziano in diverse direzioni sino al 1975 quando realizza Nashville. Un capolavoro corale che spiazza tutti. Nuova nomination, miglior regista e miglior film, due attrici non protagoniste, ma l'unica statuetta arriva a Keith Carradine per la canzone I'm Easy.
Celebrato come un grande lui tira dritto per la sua strada e firma western, film intimisti, commedie, fantasy arriva a dirigere lo stravagante Popeye (80), poi torna all'amato Jimmy Dean Jimmy Dean (82) e all'inquietante Streamers (83). Arrivano gli anni 90 e i produttori di Hollywood, che da sempre lo vedono come fumo negli occhi, «troppo arrogante, troppo beone», lo ritengono ormai finito. E lui fa rimangiare quei giudizi superficiali. Assesta due poderose zampate mettendo sulla graticola proprio Hollywood con I protagonisti (92) e traduce magnificamente per immagini Carver con America oggi (93). Per entrambi ottiene la nomination come miglior regista, ma non vince.
Negli anni successivi punta sul mondo della moda con Prêt-à-Porter (94), sul jazz con Kansas City (96), sul thriller con Conflitto di interessi (98), sulla commedia con La fortuna di Cookie (99), su Richard Gere con Doctor T (2000). Momentaneamente volta anche le spalle all'America, va in Gran Bretagna per dirigere Gosford Park (2001). Ennesima nomination sterile. Si arriva così al balletto di The Company (2003) e a Radio America (2006).
Se gli studios e i manager lo hanno visto come un ribelle poco incline al compromesso, gli attori sono invece sempre stati lusingati dal suo talento e dall'attenzione che il regista aveva nei loro confronti. Moltissimi dei grandi nomi dell'olimpo hollywoodiano hanno accettato di partecipare ai film di Altman, anche riducendosi (notevolmente) il compenso. I suoi film corali (da Nashville sino all'ultimo film) sono stati possibili proprio per questo motivo, la disponibilità delle grandi star a partecipare a progetti indipendenti, con budget ridotto e alto tasso di senso e sensibilità. E così sono state scritte grandi pagine della storia del cinema. Tutta colpa di un testardo americano di Kansas City, arrivato tardi a essere regista, armato però da una voglia inarrestabile di raccontare storie senza per questo dover sottostare alle aride regole del business.
Fonte: Il Manifesto

   By Aussie (151.46.225.129 - 151.46.225.129) giovedì 23 novembre 2006 - 11:24

Uno dei film quasi mai citati (da quello che ho letto anche uno dei meno riusciti) è Vincent & Theo del 1990 con Tim Roth.
Non l'ho mai visto ma lo aspetto con impazienza da tempo.
Spero che ora facciano i "soliti omaggi" programmando i suoi film.

   By Jen (88.36.91.118 - 88.36.91.118) giovedì 23 novembre 2006 - 11:43

Infatti eri sera mi aspettavo almeno un film da qualche parte...ma niente :(

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