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By Tommy lunedì 19 settembre 2011 - 21:35 |
Il tramonto della Lega
C’era una volta un movimento politico, nato nei bar di periferia. Un movimento che interpretò con forza lo scoramento dei cittadini nei confronti della politica, che urlava forte cose sconce che, in fondo, a molti cittadini piaceva sentire. Un movimento che riuscì a riportare le persone a fare politica, dalla base.
Lo fece con parole d’ordine io credo non condivisibili, ma senz’altro efficaci. Un movimento che nacque nel profondo nord ma che riuscì ad imporsi sulla scena nazionale con forza. Al punto da avere il problema di creare una classe dirigente. Un movimento che seppe recuperare il portato simbolico che l’era della fine delle ideologie aveva tolto alla politica. Un movimento, non condivisibile mi ripeto, ma che fu vincente.
Poi passa il tempo e il potere logora, soprattutto se il potere si attribuisce ad una classe dirigente non sempre all’altezza della situazione. Una classe dirigente che dimentica di essere dentro l’istituzione e pensa che l’urlo ferino contro tutto e contro tutti possa funzionare anche dai seggi ministeriali.
Un movimento che si distrae e consente il peggior familismo, non è il caso di citare il caso eclatante sotto gli occhi di tutti; un movimento che, alla fine, si dimentica di avere governato negli ultimi anni. Governato comuni, province, regioni. Con posti chiave nel parlamento italiano.
Un movimento, triste, che pensa che, oggi, si possa ancora urlare secessione e ottenere il sostegno delle folle. Quelle folle, come noto, sono fatte da persone. Persone che qualche volta si accontentano di slogan un po’ bruschi e poco argomentati ai quali però devono seguire i fatti. E la Lega, a ben vedere, di cose vere ne ha fatte ben poche e, temo, ha commesso l’errore capitale. Sottostimare l’intelligenza dei propri elettori pensando che basti urlare secessione per mantenere il posizionamento politico, credo proprio non si debba fare.
Anche il populismo finsce per dover fare i conti con sé stesso e, forse, per la Lega, il tempo della resa dei conti è arrivato.
di Lele Rozza (Il fatto quotidiano)
By Tyler martedì 20 settembre 2011 - 21:20 |
Mah, a me sembrava in continua ascesa, provero' a ricontrollare le % delle politiche e delle amministrative piu' recenti e vi sapro' dire
By Tommy mercoledì 21 settembre 2011 - 16:53 |
ecco un altro articolo sul tema, che spiega i rapporti passati e presenti col berlusca.
I muscoli (finti) della Lega Nord
Avete presente Bossi? Ma sì, il finto medico, quello che viene applaudito ogni anno da decine di migliaia di perfetti idioti vestiti da vichinghi su un prato situato vicino all’Abbazia di Pontida. Ecco, quello lì. Quello lì, che nonostante la sua intelligenza, non paragonabile neppure a quella di un cane, ha nutrito per un bel po’ di mesi le nostre speranze di veder implodere questo governo-fantoccio. La Lega Nord, avendo alzato così tante volte la voce contro l’uno o l’altro nano, ci ha fatto pensare che avesse cambiato idea per la seconda volta: niente voto alla fiducia per il governo. E invece, inspiegabilmente, non ha staccato la spina. Le loro parole sono rimaste tali, alla delusione dei militanti preoccupati per la sconfitta elettorale alle Comunali di quest’anno non venne data importanza. No, non hanno cambiato idea. Hanno fatto il percorso di Fini, al contrario. Eppure circa 20 anni fa la Lega prometteva non solo riforme strutturali, ma addirittura uno sconvolgimento totale della politica italiana. Bossi soprannominava Berlusconi “il mafioso di Arcore”, sembrava che lo odiasse più di qualsiasi altra cosa, e per metterlo in difficoltà si servì persino di quel che oggi è la parodia di un giornale: la Padania. Fece pubblicare undici insidiose domande rivolte a Berlusconi, per metterlo in difficoltà.
Berlusconi, ovviamente, non rispose. Viste le dichiarazioni di Bossi dei mesi successivi, sembrò quasi che il nano si fosse rivolto ad un mago. Invece si rivolse ad un certo Giovanni Dell’Elce, ex tesoriere di Forza Italia e sottosegretario del ministero delle Attività produttive, il quale il 28 giugno del 200 scrisse una lettera indirizzata alla Banca di Roma a nome di FI. Il testo? Sconvolgente.
“Vi diamo incarico di aprire in favore del Movimento politico Lega Nord, che assistiamo finanziariamente, un credito complessivo di due miliardi di lire, valido sino a nostra revoca, utilizzabile per gli scopi istituzionali e le esigenze generali del movimento. Vi diamo atto che, dati i rapporti attualmente intercorrenti tra noi e il suddetto Movimento, il presente mandato di credito è utile per il conseguimento dei nostri fini istituzionali.
…
Siete autorizzati ad addebitare sul nostro conto corrente gli importi, nei limiti del mandato di credito concesso, che vi fossero dovuti dalla predetta società (la Lega – ndr) e ciò senza vostro obbligo di previamente interpellarci.
…
Ci impegniamo a pagarvi, a semplice richiesta scritta, in qualunque momento fattaci, quanto ci sarà da voi indicato come dovutovi dalla suddetta società”
La Lega in quel periodo non aveva neanche gli occhi per piangere. Berlusconi l’ha “salvata” comprandola. Tutto questo viene confermato anche da Rosanna Sapori, amica di Bossi e ex giornalista di Radio Padania Libera, la quale sostiene, senza smentite da parte della Lega, che anche lo storico simbolo del Movimento sia di proprietà di Berlusconi. Sì, quello di Alberto da Giussano.
La Lega Nord, il partito dei rutti e dell’ignoranza, aveva in passato un solo punto a favore: si opponeva alla politica degli attori che oggi sta venendo a galla. Ora, invece, ne fa parte. Parlavano di tagli agli sprechi? Mai fatti. Minacciavano di staccare la spina? Non lo potrebbero fare: Bossi e la Lega si sono venduti a Berlusconi, il quale si è venduto alla politica, lo strumento attraverso il quale i mafiosi e i delinquenti governano il Paese. Alla fine, il voto della Lega sarà deciso da chi comanda davvero, così come il voto di tutti gli altri partiti. Quando la Lega alza la voce, lo fa per indurci a pensare che va tutto bene, che non c’è nulla di cui preoccuparsi, che la politica è al servizio dei cittadini. Come fanno tutti gli altri.
By Tommy giovedì 22 settembre 2011 - 22:05 |
e alè...
“Oggi la Lega è morta!”
(magari...speriamo...)
22 settembre 2011
Gli elettori del Carroccio accusano il partito per aver votato contro la richiesta di arresto dell’onorevole Pdl Marco Milanese
Sì all arresto di Alfonso Papa. No a quello di Marco Milanese. Il popolo leghista non gradisce il cambio di linea del partito di Bossi nei confronti dei parlamentari inquisiti. Sul web il malumore è palpabile. Sul forum dei Giovani Padani si discute del salvataggio avvenuto stamane alla Camera dei deputati accusando i leader del Carroccio di aver ucciso il loro movimento del Nord.
“NESSUNA IDENTITA’” “Oggi la lega è morta! Mi vergogno di quello che state facendo con il mio voto… il ministro Maroni era l’unica speranza ora è finita… e tutto solo per salvare Berlusconi. Vergognatevi noi lo stiamo già facendo!”, ha esclamato l’utente Misteryman. “Continuino così e si troveranno con le monetine in fronte!”, ha aggiunto un altro elettore alludendo alle rivolte contro Bettino Craxi quando fu travolto dalle inchieste di Tangentopoli. “La situazione inizia ad essere molto chiara, nelle difficoltà del Governo – ha scritto virgilio_80 -, la Lega ha mostrato chiaramente di non avere nessuna identità politica, questo permette di capire, che sono tenuti per le palle, dal volere del Capo”. Luca ha deciso di dire addio alle camicie verdi: “Benissimo, dopo questo scandaloso salvataggio di un delinquente, saluto ufficialmente la Lega Nord. Stop, la misura è colma. Cambio partito”. “Maroni di nome ma non di fatto”, ha commentato infine Maverick.
“LEGA SUPINA A ROMA” - Gli elettori del Carroccio già ieri avevano mostrato di non gradire le posizioni del partito: “Domani Lega supina a Roma”, era intitolata una delle discussioni aperte a 24 ore dal voto alla Camera che avrebbe scudato l’onorevole Milanese dalle accuse di corruzione, rivelazione del segreto di ufficio e associazione a delinquere mosse dai pm della Procura di Napoli. “E quindi domani difenderemo l’ennesimo ladrone! Il prezzo da pagare sta diventando davvero troppo alto. Inizio ad aver un po’ vergogna!”, confessava eletreviso. “Mi allineo con voi – scriveva poi stesoo -. Voto lega da quando è sorta… ora sono stanco… e provo imbarazzo. Il voto alla camera è un altro segnale che Umberto non ci rappresenta più. Ha a cuore solo i suoi interessi (soldi e favori) e come se fossimo dei pirla piazza li pure un figlio ignorante”.
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anche chi li vota inizia a mandarli in culo...
domanda scema... ma se invece che Milanese si fosse chiamato Pugliese, Calabrese, Napoletano o anche Romano l'avrebbero salvato lo stesso?
By Tommy venerdì 23 settembre 2011 - 10:34 |
leggere i commenti dei leghisti disillusi, la gente si sta svegliando... quando chi fino a ieri ti ha votato si rompe le scatole un motivo c'è sempre...
ht tp:/ /w ww.padania.org/politici/umberto-bossi/105164-milanese-no-ad-arresto-per-7-voti-berlusconi-soddisfatto.html#comment-12539
By Tommy sabato 24 settembre 2011 - 12:09 |
analisi sul referendum voluto dalla lega, attuabilità e conseguenze:
Secessione: leggere le avvertenze prima dell’uso.
Nella vita non si può essere preparati su tutto. A dispetto anche delle proprie parole. E’ quello che è accaduto ad Umberto Bossi durante il suo comizio veneziano la settimana scorsa.
Probabilmente dettato dall’esigenza di evitare la diaspora del suo elettorato ormai piuttosto scettico sul digerire la Lega come partito di lotta e governo al contempo, è tornato a sbandierare il vessillo della secessione che sottintende l’argomento “Roma non ci fa lavorare, il sud spreme il Nord e l’unica soluzione è la secessione”. Che tradotto in termini più pragmatici significa: trasformazione dell’Italia in una Repubblica federale.
Al di là delle questioni di giurisprudenza costituzionale sull’ammissibilità di un referendum di tale portata che se ammesso comporterebbe comunque un tentativo di attacco alla nostra Costituzione in cui è vero sì che non è contemplata la forma federalista ma è anche vero che non è negata, il succo del discorso è il suo arenarsi di fronte ad una possibile vittoria.
Ipotizziamo che il referendum venga ammesso a dispetto del proclama puramente patriottico del Presidente della Repubblica (il quale avrebbe invece dovuto pronunciarsi subito sulla ammissibilità o meno di tale referendum, in quanto conoscitore della Costituzione: ah, Pertini, dove sei?) il primo scoglio che la Lega dovrebbe affrontare è proprio la questione della vittoria col voto. Infatti il referendum è rivolto a tutti i cittadini italiani e non mi pare che il nord da solo abbia i numeri per vincere né che si possa far votare solo i “padani”: questo sì che è decisamente anticostituzionale. Suicida sarebbe la scelta del sud, a cui mancano industrie e risorse, di votare in favore di una repubblica federale. La prima conclusione di questo referendum sarebbe un ulteriore spesa inutile di denaro pubblico.
Mettiamo però che quanto scrivo non abbia fondamento e si realizzino le due condizioni Bossiane:
ammissibilità del referendum e vittoria dello stesso. Bene. A questo punto che accadrebbe? La Padania avrebbe quale forma di Governo? Una democrazia elettiva votata in un Parlamento dal popolo? Quindi per essere tale i partiti politici dovrebbero concorrere alla corsa democratica. E più precisamente gli stessi partiti con cui la Lega oggi fa alleanza od opposizione dovrebbero gareggiare contro di lei per la conquista del governo. Va da se che la garanzia di vittoria non le sarebbe assicurata e alla meglio dovrebbe riformulare lo stesso progetto di oggi: alleanza col PDL. Ma siccome la Lega, è stato più volte ribadito, non è né di destra né di sinistra potrebbe addirittura cercare alleanza col PD. Il precedente c’è. Alle Provinciali di Bergamo del 1995 Giovanni Cappelluzzo candidato della Lega trovò l’appoggio dell’allora PDS, con D’Alema che a chiusura di campagna elettorale invitava al voto dichiarando che il candidato della Lega era più vicino allo spirito e ai temi del centro sinistra. Per la stessa competizione, su altro palco, Bossi lanciava invettive contro il ritorno dei socialisti riciclati da Berlusconi: quando si dice la coerenza di questi due leader.
Per cui in una ipotetica Padania se ne potrebbero vedere delle belle in fatto di alleanze. D’Alema potrebbe riscoprire la comnanza di spirito con Calderoli, Castelli, Borghezio, Salvini e compagnia mentre Bossi potrebbe tuonare contro il nano di Arcore e i suoi amici mafiosi.
C’è un’altra incognita che insorgerebbe in quella ipoetica campagna elettorale. La Lega non è l’unico movimento secessionista, indipendentista o federalista che agita le valli Orobiche e le Alpi in generale. Varie leghe hanno costituito e costituiscono il cosiddetto Parlamento del Nord e si tratta di Comunisti padani, Socialisti padani; Lavoro e società padana, Leoni padani, Lombardia nazione, Cattolici Padani, Liberal democratici, Forza Padania e Destra Padania, Alleanza Europea. Insomma tutti costoro stanno immobili a guardare o rivendicheranno un proprio spazio? In più potrebbero coniarsene dei nuovi, magari legati ai movimenti libertari che rivendicano una gestione territoriale dello Stato.
Certamente la soluzione più efficace sarebbe quella di infischiarsene delle elezioni, fare un raduno a Pontida, ottenere un’investitura per acclamazione (come accadeva in Roma Antica) ed instaurare a piacimento o una Monarchia (Bossi Re lo si incontra ancora scritto sotto qualche cavalcavia lombardo) o una oligarchia (il solo triumvirato non accontenterebbe) magari qualcosa di simile al Consiglio dei 30 tiranni di Atene. Oppure come extrema ratio ma anche come corollario naturale: una dittatura.
Si può concludere non tanto che Bossi abbia fatto una sparata delle sue, anche perché a furia di sparate al governo ci è finito ed è forte di un elettorato appetibile anche al PD, quanto che se non è stata data al proprio elettorato una prospettiva sul poi è perché in fondo in fondo la Lega è un perenne laboratorio politico. Basta andare a memoria nel luglio del 1994 quando l’allora Ministro dell’Interno Roberto Maroni, (anche allora stessa carica di oggi), appose la sua firma al mai indimenticabile Decreto Biondi, e grazie a ciò guadagnò felicemente l’uscita dal carcere il poco amato ex Ministro della Sanità De Lorenzo. All’indignazione del suo stesso elettorato Maroni si scusò dicendo che il decreto lui non lo aveva neppure letto. Quindi figuriamoci se soggetti così avulsi alla lettura hanno in testa quel che accadrà poi. E poi si sa, secondo l’antica scuola dei mestieri il lavoro lo si impara direttamente in officina e non sui testi di scuola.
E probabilmente per la loro Padania non vorranno intaccare una così radicata tradizione.
By Tommy lunedì 26 settembre 2011 - 10:32 |
Bossi lancia le mense leghiste per i poveri
Poi insulti a Brunetta, “il più pirla di tutti”
Alla festa della Lega di Somma Lombardo, il senatùr ne ha per tutti: dai giornalisti che "prima o poi rischiano le legnate" al ministro della Pubblica Amministrazione. Ribadisce lo stop del Carroccio alla missione italiana in Libia, difende Tremonti e conferma il voto contrario della Lega alla mozione di sfiducia su Romano
Insulti, gestacci, doppi sensi e divagazioni. Nonostante la fasciatura al gomito (che lo accompagnerà ancora per un mese), il ministro Umberto Bossi alla festa della Lega di Somma Lombardo (Varese) è più in forma che mai. Inizia parlando delle difficoltà del momento, occasione buona per tornare sul tema delle pensioni e ribadire l’impegno profuso dalla Lega Nord per salvarle, anche contro il volere della stessa maggioranza. E gli scappa pure un mezzo insulto al ministro Brunetta, “il più pirla di tutti”, ma poi corregge il tiro affermando che: “non è uno stupido… però”.
E’ un Bossi sensibile, che ha inaugurato proprio durante il comizio di domenica sera, la nuova linea umanitaria del Carroccio. Dal palco della festa, davanti ad un centinaio di simpatizzanti, ha lanciato per ben tre volte l’idea di aprire mense per poveri gestite direttamente dal partito: “Dobbiamo pensarci noi, ogni tanto bisogna fare anche del bene. Non è giusto che ci sia gente che non riesce a comprarsi da mangiare. I poveri che non arrivano a fine mese possono venire a mangiare gratis”, paga la Lega. Anzi, paga Bossi di tasca sua: “Qualcosa ce lo posso mettere anche io di tasca mia, tanto io i soldi che guadagno li dò al partito e come me fanno tutti gli altri parlamentari della Lega”. E giù applausi.
Nel dettaglio, l’idea del Senaùr prevede che ogni sezione debba approntare un tendone per la distribuzione di pasti gratuiti ai poveri, e preso dall’entusiasmo organizzativo invita pure l’onorevole Giancarlo Giorgetti a farsi avanti come cameriere volontario. A Somma Lombardo si è ripetuto anche il rito dell’ostensione del dito medio ministeriale, stavolta esposto all’indirizzo della “sinistra” nel corso di un articolato discorso sul caso Milanese, utile non solo a far sapere agli avversari politici che non hanno speranze di far cadere il governo, ma anche per spiegare ai militanti una scelta (quella di votare contro l’autorizzazione all’arresto del consigliere di Tremonti) che nella Lega non tutti avevano compreso.
Tornano, più generosi che mai, gli insulti ai “giornalisti del cazzo” che diventano “stronzi” e “lacchè” per aver infangato il nome della moglie Manuela Marrone: “Una donna meravigliosa, che si è sempre fatta in quattro per la Lega, che ha gestito per anni una scuola (la scuola Bosina, ndr) senza prendere una lira”. Poi per la categoria più bistrattata del momento arriva anche il monito: “State attenti che prima o poi prendete quattro legnate”. Nel corso della serata Bossi ha anche annunciato un incontro con il ministro Giulio Tremonti (a cui ha invitato anche Giancarlo Giorgetti) per parlare delle riforme strutturali per il Paese, riforme per la crescita delle imprese “non quelle di Napoli, ma quelle del nord, quelle che danno lavoro e che pagano le tasse”.
Già, perché quello di domenica sera è stato anche un discorso con accenni antimeridionalisti. Un sentimento mai sopito, che è tornato a fare capolino quando si è trattato di indicare un colpevole per la difficile situazione economica in cui versa il Paese, che ha speso molto: “perché costa troppo il sud”, mentre il nord “lavora e paga”. A margine, a chi gli chiede se sia preoccupato per il futuro di Tremonti come ministro, vista la bufera che impazza su di lui nel Pdl, Bossi risponde: “Speriamo di no” e poi puntualizza: “Lui era in America, d’altra parte uno come lui deve andare a rassicurare i mercati in giro per il mondo. Certo, loro dicono che stavamo votando una cosa che in qualche modo è legata a lui e lui non viene. Capita a chi ha troppo da fare”. Simile il discorso per quanto riguarda la mozione di sfiducia nei confronti del ministro dell’Agricoltura, Saverio Romano, con il leader del Carroccio che ha confermato il voto contrario della Lega al voto di mercoledì alla Camera. E, sul rifinanziamento della missione in Libia è perentorio: “Avevamo detto che a settembre finiva la missione il Libia e a settembre è meglio che finisca”.
By Tommy lunedì 26 settembre 2011 - 10:40 |
Bossi, il papà del Trota: «Un somaro chi espone tricolore»
Ma per Bossi, chi espone il tricolore è un “somaro” o no? Sì, ma poi si corregge. Ieri sera, riferiscono le agenzie, a una festa della Lega nel Varesotto ha esclamato: quelli che mettono «fuori i tricolori sono somari: quelli mangiano e bevono». Aggiungendo, riferito alla crisi economica, che «la verità è che costa troppo il Sud, mentre il povero Nord lavora e basta». Quelle parole erano virgolettate. Stamattina telefonicamente alle agenzie di stampa si corregge (o corregge i giornalisti ai quali ha già augurato di prender botte): «Ho solo detto che il Paese va male e per farlo andare bene ci vuole ben altro che il tricolore». Smentisce quindi o forse, per essere più precisi, puntualizza perché quelle parole erano appunto virgolettate e più lanci d'agenzia le riportano.
Quanto alla stampa, l'ha attaccata, sempre ieri sera: «Lo dico ai giornalisti: prima o dopo piglierete una mano di botte, non ci distruggerete con i vostri insulti». Il segretario dal palco della festa del partito è intervenuto per difendere la moglie Manuela Marrone, oggetto di ricostruzioni giornalistiche per il suo ruolo all'interno della Lega. Lei «non si fa pagare» e «ha fatto tanto» per il Carroccio, ha spiegato il marito ministro delle Riforme. «C'è chi pensa solo a fare i soldi e chi invece ci crede a degli ideali - ha aggiunto - e se non c'era mia moglie la mia famiglia sarebbe scomparsa, perché io non sono mai a casa». Bossi ha quindi inframmezzato il suo intervento con insulti ai giornalisti, definiti «stronzi», «lacchè», «gentaglia», «obbedienti agli ordini peggiori pur di andare contro la Lega».
By Tommy martedì 27 settembre 2011 - 13:32 |
Leghisti, la smetterete di farvi prendere in giro?
Ho la vaga sensazione che i leader leghisti considerino il proprio elettorato un gruppo di minus habens. Lo dico senza retorica e celato umorismo, ma proprio perché i fatti degli ultimi giorni me lo fanno credere. E questo perché il vertice della Lega Nord sta pedissequamente tradendo i valori su cui ha fondato il suo movimento, con buona pace dei militanti che ci credono e che si bevono pure l’acqua del Po per mandare giù i sacri principi del movimento padano. Di seguito la lista Bignami di alcuni dei valori cardine della Lega Nord, seguiti dalle loro più eclatanti contraddizioni:
•Il voto contro l’arresto di Marco Milanese è in palese contrasto con la certezza della pena su cui la Lega “non è disposta in alcun modo a rinunciare“: “Chi ha commesso un crimine deve scontare la pena prevista dalle leggi in un istituto carcerario“. Che la convenienza politica ci abbia messo lo zampino, facendo sprofondare Bossi in un pantano?
•Il ministro Maroni ha fatto della lotta alla mafia la priorità del suo mandato, e tutti ne decantano i suoi meriti, in linea con quelli del partito (Castelli: “La Lega è l’antimafia dei fatti“). Peccato però che domani i leghisti, Maroni in primis, voteranno contro la mozione di sfiducia a Saverio Romano, primo ministro della storia della Repubblica italiana imputato per mafia. E c’è chi rimanda la spiegazione di quella che sembrerebbe essere una palese contraddizione al regalo che il ministro Romano ha fatto ai trasgressori delle quote latte, mandando a casa il legalitario Dario Frucio, reo di aver chiesto agli allevatori di pagare le multe.
•La Lega è sempre stato il partito contro Roma ladrona e per l’abbassamento delle tasse. Bene, per questo impegno dovremmo essere loro grati. Peccato però che da quando ci sono loro al governo, come fa notare oggi Michele Ainis sul Corriere della Sera, le tasse nazionali siano aumentate del 6,8%, e quelle locali addirittura del 138%.
•E sempre Ainis ci racconta come il propagandato federalismo sia in realtà una serie di carte e di decreti che si contraddicono a vicenda, con il risultato di un nulla di fatto. Viene da pensare quindi che Umberto Bossi, ministro delle Riforme per il Federalismo, e Roberto Calderoli, ministro per la Semplificazione, abbiano fatto insieme un bel casino.
•Sempre in materia di taglio dei costi della politica, due considerazioni: non è paradossale che sia proprio la Lega Nord il più grande difensore oggi delle province? Addirittura si legge che sarebbero da paragonare ai Cantoni svizzeri, “sia per le caratteristiche demografiche sia per le peculiarità socio-economiche che esprimono“, e per questo protette. Puzza tanto di tornaconto elettorale, visto che i leghisti hanno ormai conquistato molte poltrone delle province del Nord. Ma tant’è. Seconda considerazione: ma perché Calderoli non smette di fare la spola fra Bergamo e il Quirinale per presentare fantomatiche riforme costituzionali per ridurre il numero dei parlamentari, e non si dedica invece ai tagli che è possibile fare ora, partendo dalla sua indennità?
•Che ne pensano le donne del Gruppo politico femminile della Lega Nord, di cui fa parte anche Rosi Mauro, della considerazione della donna che ha dimostrato di avere Silvio Berlusconi, e di colleghe del calibro di Nicole Minetti? Per carità, qui non si vuole essere maliziosi, ma solo coerenti con gli obiettivi di tale gruppo, fra cui “sviluppare e promuovere l’identità della donna nella cultura occidentale” e “tutelare la famiglia naturale e gli interessi famigliari, morali, economici e politici della donna“. Fra questi c’è anche quello di organizzare festini per compiacere il proprio leader? E allora perché non le abbiamo sentite fiatare, neanche una sola volta?
Mi rivolgo quindi all’elettorato leghista, a quelli che per anni ci hanno detto in ogni salsa che ce l’hanno duro: è ora di dimostrare questi attributi. Ma non contro i terroni o contro gli extra-comunitari, ma proprio contro la vostra classe dirigente, che vi sta bellamente prendendo per i fondelli. E finché non vi ribellerete e non li richiamerete all’ordine sui principi che vi legano, avranno ragione di farlo e di continuare a farlo.
Un’ultima cosa: magari, per il bene di tutti noi, fatevi sentire prima di domani, quando i vostri salveranno il Ministro imputato per mafia. Con buona pace della lotta alla mafia di Roberto Maroni.
By Tommy giovedì 06 ottobre 2011 - 00:56 |
Varese, parte la rivolta leghista contro Bossi
di Andrea Carugati
Tira aria di rivolta nella Lega di Varese. Dopo il diktat di Umberto Bossi, che ha benedetto il candidato del cerchio magico Maurilio Canton per il congresso provinciale che si terrà domenica, la base non si limita al mugugno. Sindaci e militanti di area maroniana sono pronti a dare battaglia, anche se il loro capocorrente, Maroni appunto, ha già stretto l’accordo col Senatur per dare il via libera a Canton come candidato unico. Insomma, i maroniani sono pronti a disobbedire anche a Bobo.
E soprattutto gli altri due candidati, Leonardo Tarantino e Donato Castiglioni (vicino al senatore Fabio Rizzi, che controlla circa un terzo dei delegati) non sembrano avere alcuna intenzione di ritirarsi. «Bossi ha detto di votare una persona, non ha chiesto agli altri di ritirarsi», spiega il maroniano Tarantino. «Bobo non ha fatto nessuna dichiarazione di sostegno a Canton», fa notare un dirigente vicino al ministro dell’Interno. Insomma, la benedizione del Senatur non basta più. E neppure il silente avallo di Maroni. La situazione resta aperta, continua la raccolta di firme a favore di Tarantino, e lo scenario più probabile è che domenica i delegati saranno chiamati a scegliere tra tre nomi. E, se nessuno avrà il 50%, ad andare al ballottaggio. I maroniani potrebbero puntare sul loro uomo, oppure convergere su Castiglioni: le trattative sono ancora aperte, ma di certo non vogliono arrendersi ad acclamare il candidato “cerchista” vicino al capogruppo Reguzzoni.
I numeri danno loro ragione: allo stato attuale Canton non va oltre un terzo dei circa 300 delegati. Maroni, intanto, ha deciso di blindare Flavio Tosi, scomunicato lunedì da Calderoli e Castelli dopo le sue frasi contro la secessione e sempre più a rischio di espulsione dal Carroccio. Ieri, a sorpresa, il ministro dell’Interno si è precipitato a Verona per incontrare il “suo” sindaco. Tema ufficiale del faccia a faccia: il nuovo sistema di videosorveglianza intelligente, «che ha il suo modello prototipo proprio qui a Verona», ha spiegato il ministro. In realtà la presenza fisica di Maroni ha significato un altolà a Calderoli e a tutti quelli che pensano di regolare i conti con il sindaco ribelle. «La stima per tutti quelli che lavorano sodo, soprattutto i sindaci, c’è sempre», ha detto Maroni. Ma i bene informati assicurano che non è mancata, al riparo dai microfoni, una tirata d’orecchie. Della serie: «Bisogna dosare bene gli strappi». Anche in vista di un altro congresso cruciale, quello “nazionale” del Veneto, in cui Tosi sfiderà l’attuale segretario, il bossiano Gianpaolo Gobbo, sindaco di Treviso. Dopo aver vinto a Verona, Vicenza, Belluno e nella provincia di Venezia, il sindaco scaligero è in vantaggio.
Cruciali saranno le assise di Padova e Treviso. Nella marca Gobbo è forte, ma deve fare i conti con lo strappo con lo storico sceriffo Gentilini. Nel caos leghista, ieri si registra una nuova sparata contro il Quirinale. Ieri è stata la volta dell’ex Guardasigilli Roberto Castelli, che a Radio 24 ha detto: «Napolitano che dice “il popolo padano non esiste” mi offende e mi fa paura. È un attacco alla mia libertà ed è un avvertimento poiché non credo che il Capo dello Stato parli senza pensare a ciò che dice, secondo me sottintendeva: “Se tirate fuori certi argomenti che a noi non piacciono vi scateniamo addosso la magistratura e vi mettiamo in galera”. Ho 65 anni e la mia vita l’ho fatta. Sarebbe una meraviglia finire come martire della Padania e poter avere un monumento in simil-bronzo nella piazza della mia frazione». E ancora: «Il presidente ha ancora in mente la repressione in Ungheria. Ricordo che qualche anno fa Violante voleva mandarci i carriarmati. Anche Napolitano ha questa mentalità».
By Tommy sabato 22 ottobre 2011 - 21:10 |
Tempi duri per Bossi
Da qualche tempo il Bossi non ne azzecca una che è una. Vediamo di fare un elenco certamente incompleto delle principali badilate che da settembre in poi l'abominevole uomo delle nevi con residenza il quel di Gemonio si è preso sui denti.
A luglio inaugurazione in pompa magna dei sedicenti ministeri del nord con sede a Monza. Presenti Bossi e Calderoli oltre al Tremonti, leghista ad honorem e alla Michela Vittoria Brambilla, "ministra" nullafacente del Turismo.
Già la "location" dimostrava la debolezza dell'operazione. Dico, ma se uno vuole lanciare la sfida di ministeri alternativi a quelli romani non li mette in una cittadina di provincia. Li mette a Milano o a Venezia, no? E invece no, a Monza, per la semplice ragione che il sindaco di Monza è leghista pure lui.
In ogni caso, dopo l'inaugurazione i due pseudo ministeri padani sono entrati in letargo. A inizio settembre il brusco risveglio, provocato da una delegazione di commercianti e piccoli imprenditori padovani incazzatissimi che protestavano contro la manovra finanziaria del Governo.
Essendo stati ricevuti da un paio di anonimi funzionari che non sapevano cosa dire, se ne sono ritornati a casa ancora più incazzati, mentre i ministeri rientravano nel letargo. Il tutto sembrava passato nel dimenticatoio quando qualche giorno fa il Tribunale del Lavoro di Roma ha stabilito che l'apertura dei ridicoli uffici brianzoli era illegittima e che quindi i suddetti uffici andavano chiusi. E poi la botta finale da parte di Napolitano che dichiarava che la decisione era: "In conflitto con la Costituzione" e che gli ufficetti erano stati aperti "senza nemmeno una comunicazione in Gazzetta Ufficiale" . E bravo Presidente. E' da questa estate che le azzecca tutte.
Passiamo oltre. Nel recente raduno di Pontida, Bossi ha tirato di nuovo fuori dal suo repertorio di consumato illusionista della politica il vecchio arnese della secessione, come fa sempre quando si trova in difficoltà. Questa volta però gli è andata proprio male. Innanzitutto è intervenuto Napolitano con il suo definitivo "la Padania non esiste" (grazie ancora Presidente).
E poi, mentre invocava la secessione, i "suoi" sindaci partecipavano, con tanto di fascia tricolore, insieme a tutti gli altri sindaci dell'Anci (l'associazione dei comuni italiani), alle manifestazioni contro i tagli dei finanziamenti agli enti locali. Nel frattempo Tosi, Sindaco di Verona, Gentilini, vice sindaco di Treviso e Fontana, Sindaco di Varese nonché Presidente dell'Anci, solo per citare alcuni "istituzionali" con la tessera della Lega in tasca, in numerose dichiarazioni pubbliche dicevano che i problemi del Paese (attenzione al linguaggio: del Paese, non della Padania) erano ben altri, facendo chiaramente capire che la secessione era una patacca.
Dopo che erano girate insistentemente voci di espulsione, Bossi ha fatto marcia indietro. I reprobi fino a ordine contrario rimangono nella Lega, con la testa da leghisti (non facciamoci troppe illusioni), però in opposizione più o meno mascherata alla Lega dura e pura vagheggiata dal Capo. Infine la nomina del governatore della Banca d'Italia.
Bossi, confortato dall'immancabile Tremonti, ha puntato fino all'ultimo su Vittorio Grilli, con la dotta motivazione che è milanese. Il risultato è che è stato nominato Ignazio Visco, che è napoletano.
Dopo questa serie di fallimenti qualunque capo di un qualunque partito con un minimo di Democrazia interna sarebbe stato costretto alle dimissioni; di un partito con un minimo di democrazia interna, appunto.
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