By Exos_Dax lunedì 19 agosto 2002 - 11:52

Quelli di Clarence sono letteralmente disperati: il portale satirico nato da una costola di "Cuore", e oggi passato sotto il controllo di Spray, una media company scandinava, È in cerca di nuove figure professionali. Ma trovarle è un'impresa. «Quei pochi che erano sulla piazza sono già stati presi da altri», si lamenta Roberto Grassilli, fondatore di Clarence. E poi, continua, le professionalità di cui abbiamo bisogno sono del tutto nuove, non si trovano già preconfezionate sul mercato. Risultato: niente tecnici di navigazione, niente grafici web, niente analisti di sistema. Per non parlare degli esperti di e-commerce, dei sales manager, dei responsabili dei data base degli utenti, degli addetti ai call-center.
«Stiamo affannosamente cercando gente per l'area marketing», aggiunge Joy Marino, direttore della divisione Internet di Wind. «Ci mancano tecnici della comunicazione», si lamentano quelli di Matrix, la società che si occupa di realizzare e sviluppare progetti di comunicazione sulla rete. «Mancano esperti sia nei settori tecnici che in quelli commerciali: le aree più scoperte sono quelle del customer care e del direct marketing», dicono a Kataweb. «Abbiamo bisogno di manager di canale, coordinatori di chat, forum e mailing list, analisti di mercato, venditori di spazi commerciali», dicono alla Rcs-Web, la società del gruppo Rizzoli-Corriere della Sera. La fame di esperti è tale che c'è persino chi cerca dall'altra parte della barricata. «Qualche giorno fa, un hacker ha tentato di violare il nostro sito. Denunciarlo? Non se ne parla nemmeno: gli abbiamo offerto di lavorare con noi», racconta Gianluca Dettori, amministratore delegato di Vitaminic spa.
Dove sono i programmatori, gli "accatiemmellisti", i webmaster, i content manager, i data miner, i graphic designer? Che si facciano avanti, è il grido unanime che si leva dalle aziende. Per loro si apre un mondo ricco di prospettive: in termini di carriera, guadagni, soddisfazioni.

By Exos_Dax lunedì 19 agosto 2002 - 11:54

LE RAGIONI DI UNA CRISI. Possibile che in un paese che lamenta tassi di disoccupazione tra i più alti in Europa ci sia una carenza cronica di giovani da assumere? Possibilissimo. E per diverse ragioni. Intanto, perché in questo settore la concorrenza è spietata. E le aziende italiane devono fare i conti con quelle tedesche, francesi, inglesi, che spesso offrono di più e pagano meglio.

In secondo luogo, «questo È un paese con una bassa cultura informatica. E che ancora non ha digerito del tutto il passaggio da una economia di tipo industriale a una fatta di servizi, di comunicazione. È un processo velocissimo, che il mercato italiano non è ancora in grado di seguire», sottolinea Anthony Daniels, amministratore delegato di Direct dot it. Terzo: non appena fanno capolino sul mercato, i neolaureati vengono assorbiti dalle società di telecomunicazioni, un campo considerato più stabile e più sicuro di quello della rete. Quarta nota dolente: la formazione. La scuola, dal punto di vista della penetrazione della tecnologia, è uno dei settori più arretrati d'Italia. «I corsi universitari dedicati a Internet si contano sulle dita di una mano, così come quelli postlaurea», aggiunge Elserino Piol, fondatore di Kiwi. E invece bisognerebbe agire subito, imponendo una sorta di alfabetizzazione informatica. Destinatari: i bambini delle elementari.

Certamente, dunque, per altri due o tre anni il problema si farà sentire. «È solo una questione di tempo: poi arriveremo al paradosso opposto, e a spasso si ritroveranno magari proprio gli esperti che oggi sono introvabili», commentano da Kataweb. Ma è naturale che sia così in un settore veloce come quello di Internet. Basti pensare che la radio ha raggiunto i cinquanta milioni di abbonati in trent'anni, mentre la rete ha tagliato lo stesso traguardo in cinque anni appena.
Qualcuno ha una visione meno pessimistica. «Non è vero che la gente non si trovi. Noi, per esempio, non abbiamo difficoltà ad assumere giovani in gamba», commenta Ugo Bressanello, direttore generale di Excite Italia. «Il problema è che molti non sanno cercare le caratteristiche giuste, nei posti giusti». Inutile, per esempio, richiedere un'esperienza quinquennale della rete: non la troveremo mai. Inutile cercare analisti di sistema con annunci sui giornali: non è il canale adatto. Inutile cercare programmatori nelle scuole, dove si insegnano tecnologie vecchie. Meglio cambiare i sistemi di "recruitment" «Gli esperti bisogna cercarli in rete. Non c'è strategia migliore per individuare persone con alti livelli di professionalità», consiglia Vito Gioia, amministratore delegato della Tmp World Wide, società di cacciatori di teste americana che opera anche in Italia. Il perché è presto detto: «Tanto per cominciare, Internet è un mezzo sovranazionale. Se ho bisogno di un manager specializzato e i candidati sul territorio non rispondono alle mie esigenze, devo poter valutare anche candidati stranieri. In questo caso la rete mi offre quantità, qualità e risparmio di tempo». Vitaminic farà arrivare i suoi neoesperti nientemeno che dall'India.
Serbatoi di giovani intraprendenti sono allora le mailing list, i newsgroup, i siti che mettono online i curricula. Come quello di Jobpilot una società con 16 filiali nel mondo, cui si rivolgono clienti come Deutsche Bank, Johnson&Johnson, Philips. «Sul sito italiano siamo passati dai 380 curricula inseriti a metà dicembre '99 agli oltre 1.500 di fine gennaio», racconta Cipriano Moneta, country manager per l'Italia.

By Exos_Dax lunedì 19 agosto 2002 - 11:56

GIOVANI, CHE DELUSIONE. Ma quando, finalmente, la caccia si è conclusa, il colloquio ha delineato il candidato ideale, la firma del neoassunto è apposta in calce al contratto, arriva la delusione. Dell'azienda. «Non basta trovare la persona con le caratteristiche giuste. Ci vuole anche la mentalità. E spesso è proprio questa che manca», dice Gianluca Dettori. Sono ragazzi, ma spesso il loro sguardo è rivolto alla pensione. Dovrebbero rischiare, e invece hanno in testa solo il posto fisso.
Se poi si parla di stipendio, l'irritazione è ancora più evidente: «Ai nostri dipendenti, insieme al salario di base offriamo le stock option per bilanciare le entrate di fine mese». Una soluzione scelta anche da Vitaminic, e che dovrebbe avere un gran successo. E invece niente. Non si fidano. Peccato, conclude Pegoraro. C'è gente che in questo modo ha guadagnato davvero tanto.

By Dirk martedì 20 agosto 2002 - 01:51

Embè?

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